Ex Sevel, oltre 400 ulteriori posti di lavoro in meno, timori dei sindacati per il futuro

Critiche all’accordo per gli incentivi all’uscita tra altri sindacati e società da Fiom e Usb

Alessio Di Florio
12/06/2025
Territorio
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A fine anni settanta, dopo che fu bocciata a seguito di forti proteste popolari il progetto della “Sangro Chimica”, in Val di Sangro fu realizzato lo stabilimento della Sevel, oggi Stellantis Europe. La zona industriale divenne così tra le più importanti d’Abruzzo, il più grande polo di quel che decenni dopo fu denominato automotive del centro e sud Italia. Oltre 7000 i dipendenti negli anni d’oro e molti operai avevano anche interessi nel mondo agricolo, un altro settore per decenni florido e oggi ben lontano dai fasti che furono. 

I 7000 dipendenti di anni fa, a cui andavano aggiunti tutti coloro che erano assunti nell’indotto (nella stessa Val di Sangro ma non solo), appaiono sempre più un lontano ricordo. Il 10 giugno si è discusso in un incontro tra la società e le organizzazioni sindacali della procedura di incentivazione all’uscita (“Separation”) per 400 dipendenti dell’ex Sevel Plastics e 25 della FCA Plastic Unit. Gli attuali 4.800 dipendenti dell’ex Sevel scenderanno così ancora di numero. Diminuzione a cui vanno aggiunti, sottolinea la Fiom Cgil, le centinaia di lavoratori in somministrazione che non sono stati confermati o stabilizzati. Un netto calo occupazione che preoccupa il sindacato di categoria anche alla luce del calo del livello produttivo da 1250 furgoni al giorno a 850 circa.

Alla luce di questi dati crescono le preoccupazioni sindacali per il futuro dello stabilimento e dell’intera Val di Sangro. «Queste le ragioni per le quali la FIOM CGIL ha deciso di non sottoscrivere l'intesa – sottolinea in una nota il segretario provinciale Alfredo Fegatelli - Senza piani industriali e senza chiare prospettive per il domani la Fiom non firma le uscite volontarie».

 «La FIOM CGIL ribadisce con forza che non è accettabile proseguire su una strada fatta solo di uscite, tagli e riduzioni, senza alcuna strategia industriale, investimenti sul futuro del sito e del territorio, né garanzie per chi resta» dichiara Fegatelli.

«Ad Atessa si è passati in pochi anni da quasi 7000 addetti diretti a circa 4300 addetti a seguito della fuoruscita dei 402 esuberi annunciati, praticamente si sta dimezzando la capacità occupazionale di uno stabilimento e di un territorio con la compiacenza della politica regionale e con la collaborazione di organizzazioni sindacali che ormai sono uno strumento più utile alle aziende che ai lavoratori – sottolinea l’Unione Sindacale di Base - in questi ultimi anni nel silenzio la Val di Sangro non ha perso solo i 2500 posti di lavoro nell'ex SEVEL ma il numero va almeno raddoppiato se si prendono in considerazione quelli persi nell'indotto». «Non possiamo accettare questa situazione e abbiamo lanciato più volte allarmi senza esser ascoltati da nessuno – hanno dichiarato i rappresentanti del sindacato di base - quello che sta avvenendo è una sconfitta per tutti, per l'Italia che sta rinunciando all'automotive, per la Regione Abruzzo che attinge risorse erariali fondamentali per l'erogazione di servizi pubblici ai cittadini, per il territorio che lentamente sta tornando indietro nel tempo e paga un prezzo pesante sotto tutti i punti di vista, per i lavoratori che hanno reso lo stabilimento ex SEVEL il più importante del settore ed il più remunerativo per gli azionisti di FIAT prima, FCA poi e Stellantis oggi».

Accusa quel che definisce il fallimento della concertazione l’Usb che sottolinea la distribuzione di miliardi di dividendi da parte di Stellantis mentre diminuiscono i posti di lavoro. «Da tempo l'USB chiede veri interventi nel settore Automotive: un massiccio intervento economico dello stato con garanzie occupazionali, tutela dei salari con ammortizzatori sociali riformati che garantiscano il 100% delle retribuzioni, riduzione dell'orario lavorativo a parità di salario, blocco dei licenziamenti nel settore, politiche ed aumenti salariali che aumentino la domanda interna, investimenti nel settore energetico che porterebbero benefici ad aziende e cittadini perché non è comprensibile che l'energia da fonti pulite prodotta debba esser pagata ad un prezzo di mercato che fa riferimento al gas e altri prodotti fossili» sottolineano i rappresentanti del sindacato.

 

 

 

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